L'Ultima
La porta era rimasta aperta. Lui è appena uscito per sempre da quella casa e dalla sua vita e non si è degnato nemmeno di chiudere la porta. Era tipico di Val. L’aveva scelto proprio per quel motivo. Impossibile e un bastardo nato. Erano rimasti insieme tre mesi, ma lei lo aveva capito subito che non sarebbe durata. Va bene. Adesso è di nuovo sola. Tanto per cambiare.
Si alzò dal tavolo della cucina e andò a chiudere la porta. I camerieri li aveva licenziati l’anno scorso e si ritrovava spesso a pensare di aver fatto un errore. Forse avrebbe fatto meglio a cercare di convincerli a restare, ma loro erano spaventati e lei si è arrabbiata e ha detto parole che non avrebbe mai dovuto dire. Inoltre, si erano sempre rifiutati di dormire nelle stanze al piano destinato al personale e tornavano a casa loro tutte le sere. Il motivo? Le camere non erano abbastanza riscaldate. Assurdo. Tutta la casa era riscaldata allo stesso modo. Qualche volta aveva provato ad andare a sentire la temperatura e non aveva notato nessuna differenza con i piani che occupava lei.
Comunque era completamente sola in questa casa con troppe camere da letto, un giardino di quasi due ettari circondato da mura alte e con un cancello così pesante che il meccanismo per aprirlo si guastava ogni mese.
La sua solitudine era come una vecchia amica. La conosceva e sapeva tutto di lei, conosceva i suoi pregi ed i suoi difetti. Quindi, non era sola, erano in tre: lei, la casa e la solitudine.
Con questo pensiero, che la fece sorridere, si incamminò su per le scale imponenti che portavano dal salone d’ingresso al primo piano, dove c’erano le sue stanze e un’ala destinata agli ospiti. Arrivata in cima si girò, come sempre, a guardare il magnifico ritratto che campeggiava su tutta la parete ovest del salone d’ingresso. Sua nonna la guardava severa, nulla era cambiato da due secoli a questa parte. Vedere lo sguardo della nonna le tolse definitivamente il sorriso. Come biasimarla, la nonna? La cosiddetta vita della sua amatissima nipote stava diventando un completo fallimento.
...
I giorni passavano senza che lei si accorgesse del loro lento passare. Le notti erano le sue preferite e lei usciva a passeggiare a chiaro di luna. Si sedeva sulla panchina di pietra sotto la volta di edera e sognava ad un mondo diverso. Uno in quale vivere davvero. Magari ridere, qualche volta. Smettere di esistere e basta.
Trascurava da decenni i suoi doveri e si aspettava di rendere conto prima o poi. Qualcuno sarebbe arrivato e l’avrebbe portata a forza davanti ai suoi familiari o a quello che ormai restava di loro. Ma non voleva pensarci adesso. Il suo destino era segnato ma il tempo a disposizione l’avrebbe speso a suo modo. Cosa restava dei suoi sogni? Era passato tempo dall’ultima volta che ha sognato … anche i sogni si erano persi e lei non aveva ormai più modo di ritrovarli.
Così come aveva perso la Chira della quale era stata nominata custode. Smarrendola, aveva perso anche lo scopo della sua esistenza. Quindi verranno a prenderla e la puniranno.
Chira era scappata da una decina d’anni. Impossibile ritrovarla ormai. Aveva provato il primo anno, l’ha cercata ovunque. La sua Chira però voleva smettere di esistere e, prima di partire definitivamente, aveva spezzato il legame che la teneva collegata alla sua custode. Se ne andò di giorno, e così lei non la sentii, aveva tutti i sensi intorpiditi dalle sostanze che inalava e che teoricamente avrebbero dovuto farla sentire felice, farle provare sentimenti… Invece, l’unico effetto era un tramortimento generale. Come un post sbornia.
(segue...)